Balada para un loco non è un tango, o meglio non lo è secondo i canoni tradizionali che considerano un tango come una musica nata per fondersi con il ballo, che possa cullare l’abbraccio tra due persone, che possa accompagnarle con discrezione, senza quindi distrarle e rapirle, nell’intimità che vogliono condividere. Balada para un loco di sicuro non è una musica discreta che si limita a suggerire, ad accompagnare. Ha una personalità forte che si impone, che esige e che richiede con capacità ipnotiche l’ascolto e l’attenzione. E’ come un prima donna che vuole essere seguita e guardata, ammirata con devozione senza che nient’altro, come il ballo, possa distrarre.
Questa caratteristica è comune nei “tanghi” di Piazzolla, l’uomo che ha cambiato il tango.
Il brano fu composto nel 1969 in occasione del primo festival di Buenos Aires della canzone e della danza. Fu accolto come un tango rivoluzionario e nella leggendaria finale del concorso Amelita Baltar interpretò Balada para un loco davanti ad un pubblico appassionato e diviso, tra urla di entusiasmo e fischi di disappunto.
Il brano già dall’inizio si presenta in modo inconsueto, con un’introduzione recitata, un preludio con una musica in sottofondo che evoca un carillon d’altri tempi, magari tempi che non ci sono mai stati perché vissuti solo nella fantasia … o nella pazzia.
Ascoltiamola nella versione classica eseguita dell’autore con alla voce la sua compagna, Amelita Baltar.
Balada para un loco – Astor Piazzolla, canta Amelita Baltar
Ballada para un loco
Tango 1969
Música: Astor Piazolla
Letra: Horacio Ferrer
Recitado
Las tardecitas de Buenos Aires tienen ese qué sé yo, ¿viste? Salís de tu casa, por Arenales. Lo de siempre: en la calle y en vos. . . Cuando, de repente, de atrás de un árbol, me aparezco yo. Mezcla rara de penúltimo linyera y de primer polizonte en el viaje a Venus: medio melón en la cabeza, las rayas de la camisa pintadas en la piel, dos medias suelas clavadas en los pies, y una banderita de taxi libre levantada en cada mano. ¡Te reís!… Pero sólo vos me ves: porque los maniquíes me guiñan; los semáforos me dan tres luces celestes, y las naranjas del frutero de la esquina me tiran azahares. ¡Vení!, que así, medio bailando y medio volando, me saco el melón para saludarte, te regalo una banderita, y te digo…
Cantado
Ya sé que estoy piantao, piantao, piantao…
No ves que va la luna rodando por Callao;
que un corso de astronautas y niños, con un
vals,
me baila alrededor… ¡Bailá! ¡Vení! ¡Volá!
Ya sé que estoy piantao, piantao, piantao…
Yo miro a Buenos Aires del nido de un gorrión;
y a vos te vi tan triste… ¡Vení! ¡Volá! ¡Sentí!…
el loco berretín que tengo para vos:
¡Loco! ¡Loco! ¡Loco!
Cuando anochezca en tu porteña soledad,
por la ribera de tu sábana vendré
con un poema y un trombón
a desvelarte el corazón.
¡Loco! ¡Loco! ¡Loco!
Como un acróbata demente saltaré,
sobre el abismo de tu escote hasta sentir
que enloquecí tu corazón de libertad…
¡Ya vas a ver!
Recitado
Salgamos a volar, querida mía;
subite a mi ilusión super-sport,
y vamos a correr por las cornisas
¡con una golondrina en el motor!
De Vieytes nos aplauden: “¡Viva! ¡Viva!”,
los locos que inventaron el Amor;
y un ángel y un soldado y una niña
nos dan un valsecito bailador.
Nos sale a saludar la gente linda…
Y loco, pero tuyo, ¡qué sé yo!:
provoco campanarios con la risa,
y al fin, te miro, y canto a media voz:Cantado
Cantado
Quereme así, piantao, piantao, piantao…
Trepate a esta ternura de locos que hay en mí,
ponete esta peluca de alondras, ¡y volá!
¡Volá conmigo ya! ¡Vení, volá, vení!
Quereme así, piantao, piantao, piantao…
Abrite los amores que vamos a intentar
la mágica locura total de revivir…
¡Vení, volá, vení! ¡Trai-lai-la-larará!
Gritado
¡Viva! ¡Viva! ¡Viva!
Loco el y loca yo…
¡Locos! ¡Locos! ¡Locos!
¡Loco el y loca yo
Recitato:
I pomeriggi di Buenos Aires hanno quel chè ne sò, vedi? Esci di casa, per Arenales. Il solito: nella strada e in te … quando, ad un tratto, da dietro un albero, esco io. Misto raro di penultimo linyera e primo clandestino nel viaggio a Venus: mezzo melone nella testa, le righe della camicia dipinte sulla pelle, due mezze suole inchiodate ai piedi e una bandierina di tassi libero in ogni mano. Ridi! … ma sei solo tu che mi vede: perché i manichini mi fanno l’occhiolino; i semafori mi danno tre luci celesti, e le arance del fruttivendolo all’angolo mi butano i suoi fiori Vieni!, che così, un po’ ballando e un po’ volando, mi tolgo il melone per salutarti, ti regalo una bandierina, e ti dico….
Cantato:
So già che sono impazzito, impazzito, impazzito …
Non vedi che la luna va rodando per Callao (1)
Che una moltitudine d’astronauti e bimbi,
con un vals,
mi ballano attorno … Balla! Vieni! Vola!
So già che sono impazzito, impazzito, impazzito …
Io guardo Buenos Aires dal nido di un passerotto;
e te ho visto così triste … Vieni! Vola! Senti!
la pazza illusione che ho per te:
Pazzo! Pazzo! Pazzo!
Quando imbrunisce nella tu solitudine porteña,
dalla riva del tuo lenzuolo io verrò
con un poema e una trombone
a svegliarti il cuore.
Pazzo! Pazzo! Pazzo!
Come un acrobata demente salterò
sopra l’abisso della tua scollatura fino a sentire
che ho fatto impazzire il tuo cuore di libertà …
Già lo vedrai!
Recitato:
Usciamo a volare, cara mia;
sali sulla mia illusione super-sport,
e andiamo a correre per i cornicioni
con una rondine nel motore!
Da Vieytes (2) ci applaudono: “Viva! Viva!”,
i pazzi che inventarono l’Amore;
e un angelo, e un soldato e una bimba
ci regalano un valsecito ballatabile.
Esce a salutarci la gente bella…
E pazzo, ma tuo, chè ne sò io!:
provoco campanili con le risate
e alla fine, ti guardo, e canto a mezza voce:
Cantato:
Amami così, impazzito, impazzito, impazzito …
Arrampicati nella tenerezza da pazzi che c’è in me,
mettiti questa parrucca di allodola, e Vola!
Vola con me già! Vieni, Vola, Vieni!
Amami così, pazzo, pazzo, pazzo …
Apriti agli amori che ora andremmo a provare
la magica pazzia totale di ricominciare a vivere …
Vieni, Vola,Vieni! ¡Trai-lai-la-larará!
Urlato
¡Viva! ¡Viva! ¡Viva!
Pazzo lui e pazza io…
Pazzi! Pazzi! Pazzi!
Pazzo lui e pazza io!
(1) Callao, via di Buenos Aires che attraversa il centro della città
(2) Vieytes, paese della provincia di Buenos Aires

L’autore del testo è il celebre poeta porteño Horacio Ferrer, autore di numerosi testi per i brani di Astor Piazzolla. In una intervista rilasciata poco dopo l’enorme successo di Balada para un loco Ferrer disse:
“ … Scrissi l’introduzione molto rapidamente, dopo aver scritto le due strofe cantate e già avendo visualizzato molto chiaramente il tema. Nell’introduzione dovevo descrivere una scenografia fantasiosa, un luogo dove da li a poco si sarebbe incontrato un personaggio tanto strano, in un’ora così inospitale come il tardo pomeriggio prima dello scendere della sera. Tutta la vita sono stato un periodista, ho lavorato molto nel giornalismo e sempre a quell’ora del giorno mi venivano chiesti i titoli e i brani per il giornale. E così l’inizio del recitato “La tardecita de Buenos Aires tiene ese que sé yo” (il pomeriggio di Buenos Aires ha quel non so che) ha la sintesi del titolo di un giornale: dice in sette parole che ora è, in quale città, e che in quella città accade qualcosa di insolito … “
Balada para un loco esemplifica chiaramente la direzione e il sentimento della poetica di Ferrer. Egli dice: “ … La fantasia è una esasperazione della immaginazione. Uno può immaginarsi cosa accadrà domani. Però una persona può immaginarsi che quello che accadrà domani è che un drago fatto di rose si sparga sopra Buenos Aires. Questo è molto di più che immaginazione, questo è fantasia. Credo che quello che marca uno stile, il fatto che io non abbia copiato da nessun poeta del tango, è la presenza della fantasia nella mia opera. Nel tango non c’è molta fantasia. Nel tango c’è stata immaginazione, un altissima poesia di molti diversi tipi, però raramente fantasia. C’è fantasia nel Manzi di Malena dove dice “le tue vene hanno il sangue del bandoneón”, però non predomina. Penso che una delle attrattive di Balada para un loco fu che la gente incontrò, e continua ad incontrare, questa gamma di colori che io uso … “
Ecco un’altra versione che ci viene regalata da due giganti del tango: Adriana Varela e Goyeneche “El Polaco”.
Balada para un loco – Varela – Goyeneche
Nel libro A manera de memorias Astor Piazzolla ricorda un episodio legato a questo tango: “Un giorno, in pieno auge di Balada para un loco, andammo a fare un concerto in un ospedale neuropsichiatrico. Avevamo preparato la scenografia in un grande salone dove erano riuniti credo un duecento pazienti. Iniziammo a suonare con il quintetto finchè arrivò giustamente il momento di eseguire questo tema, che doveva cantare Amelita Baltar. In tutti noi c’era una specie di pudore per la reazione che avrebbero potuto avere i pazienti. Per i medici dell’ospedale, che avevamo invitato, il fatto era assolutamente normale, ci rassicurarono. La risposta fu meravigliosa, quasi tutti gli internati cantarono La Balada in coro. Fu molto emozionante per noi e quando eravamo sul punto di andarcene, mi si avvicino un uomo dallo sguardo trasparente e mi recitò dei versi molto belli. Poi mi disse che si trattava di Jacobo Fijman, un poeta che aveva passato quasi tutta la sua vita in quell’ospedale. Mi ricordo un frase che mi colpì. Mi disse: perché dovrei uscire da qui se fuori tutto è peggio ? Molte volte ricordando questo episodio gli do ragione.”
E per finire la parte solo musicale una versione stupenda, unica, quasi trasfigurata rispetto all’originale. Questa metamorfosi non poteva accadere se non nelle mani di Osvaldo Pugliese. Veramente para un loco il finale.
Balada para un loco – Osvaldo Pugliese
Ci sono un’infinità di video su internet che hanno come protagonista questo bellissimo brano. Ne scegliamo uno che ha a che fare con la storia della nostra TV pubblica. Un giovane Oreste Lionello presenta Milva e lo stesso Piazzolla, che addirittura ci dice qualcosa del suo tango.
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